- di fronte a qualsiasi domanda di carattere tecnologico sanno sempre tutto, quasi meglio di Wikipedia, hanno sempre una soluzione, conoscono qualsiasi programma in circolazione, soprattutto l’ultima versione, sanno sempre consigliarti cosa acquistare (in base alle loro preferenze),
- quando devono spiegare qualcosa che ha attinenza con la tecnologia, cercano regolarmente di essere chiari ma scivolano inesorabilmente in dettagli e termini gergali che riescono a far scappare qualsiasi interlocutore,
- amano farsi corteggiare e adorano chiunque chieda un loro parere, per non parlare di un intervento. Non riescono a trattenersi di fronte al classico “tu che te ne intendi, perché non mi dai una mano”. Purtroppo per la vittima, questi favori non sempre danno i frutti sperati, ma c’è sempre qualche altro espertone dietro l’angolo pronto a subentrare affermando che il predecessore era un incompetente.
Ora, la questione non è infierire su questi personaggi, ci mancherebbe! Sarebbe come inveire contro i poveri vecchietti che stazionano sfaccendati davanti ai cantieri criticando l’operato degli addetti ai lavori. Nemmeno si può attribuire loro il generale decadimento del ruolo della consulenza nell’informatica.
Tale tendenza ha influito senza dubbio sulle figure professionali e sul loro ruolo più in generale. Se vent’anni fa il costo di una giornata di consulenza o di formazione veniva pagato 600.000 lire, o 300 euro attuali (accettabile visto che un normale PC costava una decina di milioni, più di 5000 euro), oggi è difficile chiedere cifre analoghe di fronte a prezzi dei computer che sono mediamente inferiori.
- le aziende si rivolgono sempre meno a professionisti di qualità non
potendoseli permettere, - molti titolari o anche i loro dipendenti si improvvisano “IT manager”
e in qualche modo fanno girare l’azienda, - altri, per non affrontare la spesa di un professionista o di un dipendente, si rivolgono al famoso amico “so tutto” di cui sopra.
In realtà, le informazioni e la professionalità esistono, ma occorre comprendere che hanno un costo e che tale costo deve essere visto nell’ottica del successo aziendale. Anni di esperienza sul campo, di lavoro degli sviluppatori e dei tecnici dedicati alla realizzazione di prodotti hardware e software si concretizzano in quelle che possiamo definire col termine inglese “best practice”, ovvero procedure ottimali.
L’adozione di best practice richiede impegno, lavoro, esperienza maturata sul campo, capacità di cercare le informazioni, aspetti che mancano al normale utente, anche all’hobbysta fai da te (che spesso non va oltre la sua rete di casa e il PC dell’amico). Rappresentano anche il criterio di valutazione che consente di differenziare professionisti e consulenti, mettendo in luce gli esperti improvvisati.
Il consiglio, quindi, è di scegliere bene. Le best practice costituiscono la chiave per creare un ambiente IT standard e ottimale, un ambiente sul quale ogni professionista esperto è in grado di intervenire senza problemi, evitando complicate supposizioni sull’operato esistente.